"ITALIANISTICA" per Petrarca

di Michele Dell'Aquila

(da la "Gazzetta del Mezzogiorno" di Bari, 22 Febbraio 2005)

 

A conclusione dell'anno settimo centenario petrarchesco (2004), la rivista "Italianistica" (Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali) ha dedicato il suo fascicolo 2004/2 della XXXIII annata al tema Petrarca volgare e la sua fortuna sino al Cinquecento. Il fascicolo, curato da Bruno Porcelli, raccoglie studi di specialisti quali Riccardo Ambrosini, Guido Baldassarri, Vinicio Pacca, Michelangelo Picone, Giovanna Rabitti, Giuseppina Stella Galbiati, Gian Mario Anselmi, Luisa Avellini, Mauro De Nichilo, Luca Marcozzi, Francesco Tateo, su varie tematiche petrarchesche: da alcune riflessioni sulle Rime, al tema della Fortuna, alla tradizione dei componimenti per anniversario, alla iconografia sui Triomphi, alla struttura del Canzoniere, "libro non finito", all'etica laica della saggezza, al rapporto Petrarca- Salutati-Landino, a Petrarca e l'umanesimo volgare. Tutti temi e saggi di rilevante importanza ai fini della migliore conoscenza di colui che fu certamente il maggior poeta-letterato della nostra tradizione..
Va ricordato inoltre che tutto l'anno centenario ha visto la fioritura di numerose iniziative di celebrazione e di studio nelle città petrarchesche, da Arezzo a Padova, a Milano, a Venezia e Roma, coordinate da una Commissione Nazionale per le celebrazioni del centenario presieduta da Michele Feo.
Ed anche Bari ha voluto ricordare il grande poeta con una serie di conferenze-seminario organizzate dall'Accademia Pugliese delle Scienze con la collaborazione ed il contributo finanziario della Fondazione Piazzolla di Roma e affidate a specialisti (Santagata, Tateo, Fedi, Masiello, Blasucci, Ramat, Ferroni) sul tema generale
Petrarca e la tradizione lirica italiana.
Un così grande ed ancor vivo interesse nei confronti della figura e dell'opera petrarchesche si spiega per la loro straordinaria persistenza ed attualità nella tradizione letteraria italiana, non solo nei modelli espressivi e per la persistenza del lessico poetico, ma in qualche modo per la figura e lo spirito del letterato italiano attraverso i secoli. Va ricordata in proposito l'affermazione di Gianfranco Contini, secondo cui "È un fatto che noi moderni ci sentiamo più solidali col temperamento, dico il temperamento linguistico, di Dante; ma è altrettanto un fatto che la sostanza della nostra tradizione è più prossima alla cultura petrarchesca...". Nel suo Canzoniere, che per molti aspetti si dichiara d'amore, risulta centrale accanto al tema della passione, quello di un agognato desiderio di pace. Della pace cercata nei turbamenti dell'amore e nei turbamenti della vita. Della pace dell'animo turbato dalle passioni, degli slanci, dei pentimenti, del travaglio della memoria dicono gran parte delle sue liriche. Alla pace interna ed esterna egli tese con tutte le forze, senza peraltro raggiungerla mai stabilmente, nonostante la saggezza dei tanti libri letti e scritti.
Di quell'amore negato, una frustrazione senza scampi, gli riuscì di fissare nei lucidi cristalli della scrittura le cangianti parvenze, gli slanci, i cedimenti, tutto quello che di umano, di fragile e di nobile si racchiude nell'anima. Le cadenze della sua storia, "il suon di quei sospiri ond'io nutriva '1 core / in sul mio primo giovenile errore" (RVF 1 ), poi il raffrenato pentimento, infine la contrastata consapevolezza "che quanto piace al mondo è breve sogno", sigillati nel terso diamante di una perfetta stilizzazione letteraria, hanno esercitato lungamente il loro fascino nella tradizione poetica italiana ed europea, condizionando per secoli le forme del genere e lo stesso linguaggio lirico. Vi si riconosceva una capacità di rarefazione, di sublimazione dei dati autobiografici e realistici, l'infinita variazione sul tema (poi vennero Proust e la musica di Schubert ), un dinamismo immobile (l'ossimoro è d'obbligo), come in un infinito ed ossessivo gioco di specchi a riflessione, i moti di un'anima che non conosce tregue. Nello stesso tempo una capacità di dominio e di misura ch'è propria dell'arte, ed una forma che ha della perfezione antica, affidata com'è, per intenzione e necessità, ad un codice assoluto e tendenzialmente monolinguistico, lontano dunque dal plurilinguismo sperimentale di Dante, l'altro grande contemporaneo.
Petrarca si muove in tutto il suo Canzoniere, ed anzi in tutta l'opera e la vita, nello spazio chiuso delle sue contraddizioni. La resistenza della donna non è da intendersi solo come quella di una Laura-Dafne sfuggente al suo amante, ma com'è noto ha altre implicazioni più larghe e molteplici. Così le difficoltà tecniche in cui il poeta volontariamente si chiude (la canzone, il sonetto, e soprattutto la sestina), che costringe ad una faticosissima ricerca di immagini e di combinazioni logico-verbali, ben si addicono alla tensione psicologica che sostiene i componimenti.
Da Dante, nonostante le reticenze e le dissimulazioni, prese molto, anche dal poema, non solo dal lirico. Rispetto ai poeti del suo tempo e di quelli che lo precedono, provenzali, siciliani, toscani dello stilnovo, Con alcune novità che ne segnano lo stacco originale: un orizzonte culturale immenso, una più profonda e quasi solipsistica interiorizzazione del sentimento, per cui la realtà esterna, anche l'oggetto del desiderio esistono in quanto investiti dalla vita dell'Io, una presenza dominante ed ossessiva che ne modula incessantemente le epifanie.
In tale dilatazione di spazio dell'Io è anche la sua modernità, una forte indicazione data alla poesia avvenire. Una organizzazione dei vari momenti lirici in un macrotesto o canzoniere in cui convergono tanti microtesti autonomi e nello stesso tempo interagenti, lo configura quale racconto discontinuo e frammentato, quasi un libro aperto di scrittore moderno, che si può leggere partendo da ogni pagina, quale può essere il racconto di una ossessione, e può assumere mille significati, ma è innanzi tutto quello che dice.
La sua modernità è nell' aver respinto o tenuto ai margini le tentazioni campanilistiche, cortigiane, nell'aver usato lo strumento di una lingua volgare come lingua letteraria; modernità anche nella metrica, con innovazioni regolatrici del sonetto, della canzone, della sestina, della ballata, ed introduzione del madrigale tra le forme metriche alte. Aver ripreso dagli antichi, in chiave d'interpretazione moderna, la forma della epistola, piegata ad autobiografia, confessione e auto da fé, tensione morale, inquietudine, smania d'onore, scontentezza di sé e della propria opera; ed inoltre, 1' aver arricchito il tema dell'amore negato, della frustrazione e dello straniamento, già presente negli stilnovisti e in Dante della Vita nuova, di una componente morale, introducendo il sentimento del peccato, la difficile ricerca di una quiete che non viene soltanto da estenuazione e stanchezza, ma da improbabili, anche se desiderati pentimento e perdono; il tutto trasferito in una zona quasi metafisica, nella quale la parola stessa, fattasi emblema e rinunciando alle compromissioni realistiche con il quotidiano, ambiva ad una maggior durata, a contrastare l'usura del tempo, la labilità e la corruzione, una durata resa possibile proprio in virtù della sua astrattezza, dall'essere semanticamente indefinita.
Ma a raffronto e interazione, una serie di agganci a dati di cronaca e di vita, incontri, partenze, saluti, fughe, ritegni, gelosie, come a sottolineare la veridicità di una registrazione in un poetico libro/diario, con la fedeltà ad un amore lungo il corso di una vita, nella cornice cristiana della caducità.